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Un fiume di parole

In amore, Donne, personale, uomini on 13 luglio 2010 at 13:20

Giovanni le aveva ricordato che, moltissimi anni prima, lei parlava come una mitragliatrice. Per quanto ci pensasse non se ne rammentava. Forse era solo per quella timidezza che faceva di lei una ragazza vulnerabile. Aveva provato a mettersi mille corazze e altrettante maschere, aveva usato, per nascondersi, tutte le parole del suo vocabolario, ma aveva finito per consumare la sua voce, trasformandola prima in un bisbiglio e successivamente in silenzio. Non che quel silenzio fosse vuoto. Lei nel silenzio metteva tutto il suo ragionare, dalla sua donna bambina a quella megera cinica, tutti i suoi film della vita e tutte le sue storie che morivano stortignaccole e infelici.
Aveva una vita interiore incasinatissima, troppe voci, si sentiva la Giovanna d’Arco dei pensieri. A tutte dava spazio e a qualche film o storia vi si abbandonava. In modo particolare quando era stanca di vivere quella vita insulsa, tra gente con cui non riusciva a parlare. Forse era vero che non aveva una gran stima di sé. Vedeva tutti gli altri più bravi, più intelligenti, più belli. Lei credeva di potersi mimetizzare prima dietro ad un fiume di parole e successivamente in un silenzio immutabile. Certo anche lei aveva scritto, fregandosene del modo o di chi avrebbe mai potuto leggere. Aveva tenuto un ridicolo diario dove non aveva mai tentato niente di sdolcinato, mielosi erano a volte i sogni, ma di quelli si vergognava come una ladra. Scriveva, ma senza nessuna velleità, lo faceva per sé stessa, lo faceva senza una specifica ragione. Era come sognare e quel sogno che era la scrittura sembrava diventare più reale solo perché trovava spazio su di un foglio bianco. In alcuni casi aveva pure usato la stenografia, un sistema tutto suo che si era perso nella notte dei tempi.
Però era stato triste che avesse perso la parola, quella che per la sua risaputa leggerezza vola. A volte si accusava di essere troppo sprezzante perché non riusciva a trovare più la voglia di creare un comune vocabolario da usare, dei termini che avessero significato anche per gli altri. Non era certo perché le sue amicizie erano o troppo sempliciotte oppure presuntuosamente dotte. Lei, in entrambi i casi, si ritirava prima della battaglia. Eppure argomenti ne aveva, certo che ne aveva, bastava solo quel terribile momento politico, in cui ci si dibatteva, senza speranze.
Tanto meno l’amore l’aveva aiutata. Aveva infilato una serie di uomini che o erano troppo pieni di sé da non vedere la sua necessità di comunicare, oppure che la osservavano come se fosse un’aliena, tra l’ammirato e lo spaventato; una donna così non era facile da maneggiare. E nel suo dialogo mentale incoerente lei assimilava una dottrina confusa che non aveva a sostenerla nessun approccio empirico. Il suo pensiero era dominante, ma dominava solo dentro di lei.
Certo che non fai nessuno sforzo per far capire cosa ti passa per la testa. E poi hai pure la pretesa che gli altri si adattino a te. Un po’ di senso critico, tesoro!” Quando la donna-bambina si criticava cercava sempre di addolcire la pillola. “Ma sarai stronza! Tu sei sempre meglio di tutti. Mica ti sprechi a parlare con i poveri mortali. Loro hanno problemini troppo piccoli per te eh? Non sono degni delle tue considerazioni vero?” Ecco la cinica. “Però non è che qualcuno ti chiede mai come la pensi. No?… Magari, faccio per dire: che libro hai letto? Che film hai visto? Cosa ne pensi della situazione politica oppure le donne… sai la situazione della donna? Ma a nessuno gliene frega niente. Ma se parli di festival di Sanremo oppure di quel serial tv tutti fanno attenzione a quello che dici, tutti ne sanno più di te. Ma io non ho nulla da dire, che ne capisco io di queste cose. Potresti informarti, parlare come tutti. Ma io…. ma tu non ti accontenti mai. Chi credi di essere? Vorrei solo poter scegliere. Illusa! Illusa”?…
Il fiume di parole nella mente non smetteva mai, occupava tutto lo spazio possibile e non le lasciava scampo. C’era un unico modo per mettere un punto fermo ed era fissare le idee su un foglio. Rendere greve ciò che era leggero e inafferrabile, mettere nero su bianco; anche se ormai non era più lo stesso gesto di una volta. Non si trattava più di riempire un foglio bianco. L’atto di confessarsi era di pertinenza di un pc. Diventava tutto ancora più privato e nascosto. Prima i fogli potevano passare di mano in mano, ma oggi la tecnologica non lo consentiva. E brava la tecnologia e brave le password che vietavano l’ingresso alla sua anima.
Poi un giorno aveva ritrovato un vecchio amico. Giovanni stesso l’aveva dato per disperso. Lei forse ancora più degli altri. Non ne aveva più sentito parlare, forse non meritava nemmeno di avere sue notizie. Quelli, che li avevano visti insieme, erano i tempi della “mitragliatrice”. I tempi in cui parlare non le faceva paura e poi con quel ragazzo era una bella gara… non si sapeva chi parlasse di più. Tra loro non c’era mai stato silenzio. Poi, quando erano stati lontani, allora, si erano accontentati di scriversi lettere interminabili, facevano notte per parlare di tutto, ma poi dov’erano finite quelle lettere? Cosa contenevano? La storia di una breve vita? I sogni del loro futuro? Probabilmente tutto e anche di più. Insomma si erano persi e ora erano casualmente ritrovati. Lei aveva lasciato ogni speranza, non aveva aspettative, era abituata a quella vita e malgrado tutto ne aveva fatto tesoro. Lui, l’amico, non si era ancora lasciato sopraffare, avrebbe voluto ancora ritrovare quel fluire di pensieri condivisi che non aveva voluto dimenticare. Gli anni si erano posati su di loro e avevano lasciato il segno, ma il dialogo non era stato totalmente interrotto, Pochi attimi di sconcerto, pochi momenti di incertezza, le voci dentro di lei avevano gridato, si erano sovrapposte fino a creare il caos, poi con decisione lei le aveva messe tutte a tacere. Lui le aveva detto: “Mi riporti alla mente un tempo che avevo relegato in un angolo, ma mai completamente dimenticato”… Lei sapeva cosa volesse dire e le venne timidamente da sorridere, poi un fiume di parole la travolse e sfociò in un mare in cui era bello annegare insieme.