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25 aprile 2008 – Tina Merlin, tutta una vita per la resistenza.

In Senza Categoria on 24 aprile 2008 at 15:34

Chi conosce Tina Merlin?

Qualcuno azzarda: “Quella delle Case Chiuse?”

No quella della Case chiuse si chiamava Lina Merlin ed era un’ Onorevole.

E allora chi è? Solo qualcuno che abita nel Veneto, la ricorda, e se lo fa ci mette una buona dose di rammarico, non rimpianto e nemmeno rabbia, solo rassegnato rammarico.

Era una donna, prima di tutto, figlia della povertà delle nostre montagne, una che non aveva potuto studiare, ma che nella sua vita non si era mai rassegnata al suo destino. Ultima figlia di una nidiata di fratelli emigrati per guadagnarsi un tozzo di pane. Lei fa la “serva” a Milano, ma rientra a casa sua in montagna dopo i primi bormbardamenti. Lei e il fratello Toni, lasciano la madre disperata e vanno in montagna, questa volta quell'”altra montagna” quella dei partigiani. Il fratello ci lascia la vita e lei fa la staffetta. La sua resistenza è quella che fanno le donne,  correndo da una parte all’altra della sua amata montagna a portare ordini.

Finisce la guerra, ma la sua resistenza non è un capitolo chiuso, combatte strenuamente per la causa dell’emancipazione femminile, che fa propria superando i complessi che la soffocano derivanti dall’origine sociale e dall’educazione ricevuta nell’umile ambiente dov’è nata.

Malgrado la sua scarsa formazione scolastica, dopo aver scelto la causa politica degli umili e dei diseredati, le viene offerto di scrivere per l’Unità. Da modesta donna di servizio a giornalista. Sarà proprio questo il suo destino di donna resistente fino al termine ultimo.

Tina conosce la sua terra dove “le radici terrestri e le radici celesti si uniscono senza usurpare gli altri limiti”, conosce le sue origini e le rispetta, le ama.

A questo punto entra in scena un altro nome, forse più conosciuto: Vajont.

Ricordate la diga costruita nella valle sopra Logarone? Una notte, il 9 ottobre 1963, un’enorme pezzo del Monte Toc precipita sull’invaso costruito come bacino idroelettrico dalla SADE, l’acqua spinta da quella massa che si è staccata, supera la diga e cancella tre paesi: Erto, Casso e Longarone, più di duemila persone vengono cancellate da una forza pari a quella di una bomba atomica.

“In una serata di tiepido autunno in pochi secondi duemila persone – uomini, donne, bambini – venivano sacrificati sull’altare del profitto al quale anche la scienza ufficiale aveva dato una mano, nascondendo agli Enti Locali e perfino al Governo le prove che sul Vajon sarebbe accaduto un disastro.”

“Ho seguito la vicenda dell’invaso del Vajon con passione non solo di giornalista, ma di figlia di questo popolo contadino e montanaro che si ribella alla restorica delle “virtù tradizionali” che mal nasconde il cinismo dello sfruttamento più spietato. Con questo cuore ho seguito tutte le vicissitudini, le resistenze, le paure dei montanari di Erto contro la SADE, non per impedire di costruire il grande bacino idroelettrico del Vajon, ma per impedire di compiere un delitto.”

Per anni Tina Merlin denuncia nel suo giornale, fatti che erano la premonizione di “una morte annunciata”. Tentando di portare all’opinione pubblica l’immagine di un territorio condotto volutamente o irresponsabilmente in una situazione di estremo pericolo, dove nessuno si curava  di valutare la gravità delle conseguenze e riteneva opportuno mettersi contro il potere.

Dice ancora Tina: “L’esperienza della vita che è storia collettiva, deve pur lasciare traccia d’insegnamento a chi viene dopo per suggerire forme più avanzate di civiltà e di convivenza umana. Che oggi,  appunto, non riguardano solo un paese, ma il mondo.”

Per chi non lo sapesse la SADE oggi si chiama E.N.E.L.

Tina Merlin muore il 22 dicembre 1991, e con lei viene a mancare una grande donna, una voce libera del nostro tempo. La voce di chi per tutta la vita ha perscorso la strada della resistenza anche se a volte in solitudine,  masticando il senso della sconfitta….

Link – Associazione Culturale Tina Merlin    http://www.tinamerlin.it/

 

 

  1. Buongiorno,
    abbiamo ripreso a ricordare e diffondere i fatti del Vajont e le incredibili peripezie dei sopravissuti, con lo scandalo dei soldi pubblici stanziati per la ricostruzione, finiti in mani diverse a finanziare “il miracolo del Nord-est”. Invitiamo tutti coloro che sono sensibili a questa tragedia nazionale a voler partecipare ad una mobilitazione per tornare a informare attraverso la rete sui motivi di quella tragedia del 1963, su cui lo Stato italiano ancora non ha pronunciato ufficialmente una parola di scusa per il trattamento riservato alle popolazioni colpite.
    Invitiamo quindi tutti quelli che ne hanno già parlato a voler riprendere a parlarne in rete, collegandosi a quanto sta succedendo ancora oggi in quella regione.

    Grazie!
    Bruno Strozzi
    per http://www.ponterossonews.wordpress.com

    ponterosso@ponterosso.ch

    • Ho dato un’occhiata al blog e mi sembra una iniziativa meritoria.
      Io conosco quello che successe quei giorni perchè ero giovanissima, ma con una buona memoria e trovo la vicenda agghiacciante.
      Tornai nei luoghi da grande e attraversando in macchina la zona dell’invaso mi sono resa conto dell’assurdità di quella tragedia, forse pure io che non sono geologa l’avrei potuto prevedere.
      Quella valle la ricordo come un suolo lunare.
      Cercherò di aggiungere un contributo.
      Ross

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