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Cuore di brigante

In amore, Libri on 31 marzo 2012 at 23:18

Mai avrei potuto vivere l’intera mia esistenza dove sono nato e cresciuto, mi diceva Nikolaos il greco. Conta assai poco quanto è bella la terra che ti è patria: Roma, Mosca, Atene o Costantinopoli, nessun luogo può bastare se la vita è una sola, mi diceva. Mai avrei potuto accettare di morire nel medesimo angolo di mondo in cui sono nato, mai avrei potuto riunciare al piacere di cozzare la mia testa con quelle altrui, i stupire della bellezza di Firenze e Parigi, di svegliarmi sotto le stelle in mare aperto, di arrivare all’alba nei porti di Napoli e Genova, mai avrei rinunciato alle cavalcate nelle terre di Sicilia, a incontrare lo sguardo di certe donne di Palermo, alle notti nei palazzi di questa città di Venezia, sempre senza riposo. E maledette siano le distanze e maledetti i trasporti faticosi e le dogane e i muri e i confini che impediscono agli ingegni di ogni terra di incontrarsi e pensare e di sognare insieme. E viva la vita, amico mio, e sia dato spreco di ogni energia subito e ora per la gloria di qui e adesso che soltanto conta, cento e mille volte meglio la mia sorte di quella di chi deve ammuffire nei palazzi imperiali governando i popoli. Cento e mille volte meglio, immensamente meglio bruciare in una fiammata che consumarsi lentamente.

(da Il cuore dei Briganti di Flavio Soriga)

Semplicemente perfetto…

Il senso delle donne per un bikini

In Mala tempora currunt on 5 luglio 2011 at 16:31

“Oggi mi sono comperata un bikini!” Al giorno d’oggi si possono prendere spendendo anche moderatamente. Ma con qualsiasi fisico, e a quasiasi prezzo, sempre bikini è. Comunque per molte donne il bikini è il modo migliore per essere ed esternare se stesse.
Ho amiche molto diverse tra loro. Certamente lo sono fisicamente, ma soprattutto è il carattere che incide di più sul loro aspetto ed è proprio dentro a un bikini che le modalità divergono.
Maria si è presa un bikini nero. La ragione è che non vuole troppo apparire. Certo che il suo pallore per contrasto, risalta molto di più. Era una vita che non ne prendeva uno. L’ultima volta era una ragazza e invece oggi è una donna, non più sposata, ma con due figli non più bambini. Mica che questo l’abbia cambiata molto fisicamente, solo che, il pallido sole del nord, non valeva minimamente la spesa di un costume da bagno. Adesso era tornata a casa. Adesso che si era rimpossessata della sua libertà, assieme al timore del suo significato, si doveva anche riprendere la sua femminilità e la voglia di progettare il suo futuro, che ad ogni buon conto non le sembrava così luminoso come avrebbe potuto essere. Quindi costume nero, niente di appariscente, ma molta voglia di sole. Comunque non voleva essere osservata, e non sapeva nemmeno se avrebbe avuto il coraggio di metterlo, quel costume, sulla sua candida pelle ormai troppo negata al sole del suo paese. Però, varrà niente un bikini, ma è bellissima la rivincita della sua pelle esposta al sole e delle aspettative dei benefici, se mai ce ne fossero stati, per il suo aspetto fisico e per il suo morale. In fin dei conti non l’aveva neppure pagato molto, anzi costava lo stesso prezzo di quello di sua figlia e pure la misura non era poi così diversa. Solo che lei si sentiva comunque vecchia, malgrado che il suo fisico fosse rimasto apparentemente quello di un tempo. Lei non avrebbe resistito… insomma non voleva leggere la stessa sentenza negli occhi degli uomini che l’avrebbero guardata. Quel bikini le pesava nella borsa neanche fosse stata un’incudine di ferro.
Lucilla si era comprato un bikini di un bel rosso corallo. Lei ne comperava uno tutti gli anni. Ci spendeva un piccolo capitale, ma lei per i bikini ci andava matta e se era per quello non badava a spese. D’altra parte il bikini è un’arma di grande seduzione, almeno di questo ne andava quasi sicura. Se una donna vuole piacere deve saper provocare con il suo modo di vestire, ma soprattutto con quello di spogliarsi. Beh anche il cervello aveva il suo bel fascino… però agli uomini…
Quel bikini era un sogno e le stava a pennello. Sì, gli uomini non capivano niente se di fronte al suo bel personale e a quel colore non davano di matto. Ma gli uomini sono stupidi, quasi sempre… Preferiscono le veline, le ochette senza cervello che poi in spiaggia si potrebbero chiamare le “paperelle” vista la presenza dell’acqua. Lei era certa che stavolta bucava la scena. D’altra parte lei era anche single e disponibile, che cosa stavano aspettando? S’era pure fatta fare quelle foto un po’ osé, maliziosette, aggiungici poi che a lei la testa non mancava, chi sarebbe stato capace di resisterle? Il bikini è il migliore amico delle donne, questo diceva sempre sua madre e lei ci credeva fermamente.
Mara si era presa un bikini colore del mare, ma da furbetta, aveva mirato al colore dei suoi occhi. Era di dimensioni ridotte, ma lei aveva ben poca ciccia da nascondere. Era rimasta quella di una volta, malgrado gli anni e i figli. Era bello pensare di essere ammirata ancora come lo era stata quando era una ragazza. Certo adesso il tempo e le gravidanze pesavano, ma per lei non erano un deterrente. Per piacere, piaceva di questo era certa. Che poi un bikini cosa vuoi che sia, grande o piccolo, colorato o tranquillo, l’importante era quello che sottintendeva. Si ricordava con languore le occhiate, in piscina, scambiate con quello sconosciuto: era stato un amplesso a distanza. Lei queste cose le sapeva solleticare senza che poi suo marito se ne accorgesse. Aveva provato un forte desiderio e un pizzicore che non provava da tempo. Era stato un attimo e già lei si era tolta il reggiseno lanciando uno sguardo malizioso verso l’oggetto della sua seduzione. Le era sembrato oppure l’aveva visto deglutire a vuoto? Beh più tardi si sarebbe alzata per andare al bar così almeno avrebbe verificato anche l’effetto del suo tanga. Essere ammirata era quasi più piacevole che essere toccata. E il bikini era una metafora del suo modo di vedere la vita. Ogni donna avrebbe dovuto provare quel brivido, ma solo lei lo sapeva assaporare con tanto gusto.
Dodi non trovava quasi mai un bikini che la contenesse tutta. Che poi chiamarlo bikini le pareva davvero ridicolo: sarebbe stato meglio chiamarlo tenda da campeggio. Aveva trovato al mercato uno che si faceva bello di una fantasia a fiori che si giocava la scena con chi voleva indossarlo. Maledetto bikini che figurava altrettanto male che un costume a pezzo intero. Tutto le stava piccolo, anche la pazienza e pure il coraggio di mostrarsi. Tanto sarebbe valso andare nuda, ci avrebbe fatto la stessa figura schifa. Quando si ha un fisico così si dovrebbe essere abbastanza ricche da permettersi una spiaggia privata, senza occhi indiscreti per vedere la balena spiaggiata. Forse forse avrebbe prevalso l’idea di prendere una bella forbice per tagliarlo a striscioline floreali, sicuramente si sarebbe divertita di più e ci avrebbe fatto miglior figura. “Odio i bikini e chi li ha inventati!” e con questo aveva detto tutto.

Novembre… è un mese crudele

In La leggerezza della gioventù on 7 novembre 2010 at 23:58

Era stato un odore che le veniva portato dal vento. Un vento bagnato di acqua di mare. Vento di scirocco che spingeva da dove la notte era già nera. Sapeva riconoscere quell’odore e ogni volta le muoveva dentro ricordi di un tempo che non aveva mai conosciuto, di un dolore che le lacerava il cuore. Perché? Dov’era diretta la sua fuga? Sapeva che l’acqua gonfiata dal vento stava superando la riva. Ne sentiva l’odore, ne inghiottiva il sapore e non riusciva a capire cosa andasse a cercare nel buio di quella notte d’autunno. Novembre come sempre era per lei un mese crudele. Più forte sentiva sulla pelle il graffiare del tempo. Ma non era solo quello. Si sentiva persa, lasciata indietro come piccola cosa. Nessuno la vedeva, nessuno la poteva vedere. E i suoi passi si facevano sicuri a sfidare quel buio limaccioso, quel vento perfido che le prometteva la pace, ma che le consegnava solo l’ansia dell’incertezza.
Dai pensa in fretta. Cammina sicura. Non avere paura. Qualcosa succederà. E il vento gonfiava le onde che sapevano di salsedine. L’acqua montava come un tappeto agitato tra i suoi piedi. Lei ne era immersa fino alle caviglie. Le piaceva quella sensazione di libertà, di noncuranza. L’acqua era fredda, ma le dava una sensazione stimolante, quasi piacevole.
Ora che ci camminava dentro, l’aria era gonfia del respiro del mare. Un odore intenso come sapore di un frutto maturo. Il sapore di giorni passati al sole e di notti dipanate sotto la luce lunare. Le nuvole nel cielo rotolano in una luminosità di inchiostro. I pensieri galoppano lontano e ritornano in strappi di vento.
Che notte incredibile. Di una bellezza selvaggia. Ancestrale. E lei si sentiva persa e non aveva nessun luogo dove andare. Aveva fermato i suoi passi. La strada si era trasformata in mare. Non c’era nessun segnale, nessun limite. Nel buio arrancava senza orientamento. Era un po’ come la sua vita. Senza un punto fermo. Senza riferimenti. Nessuna risposta. Pensava ai sogni di un tempo. Pensava all’amore. Tutto passato, tutto perduto… Il gelo e l’acqua le risalivano sulle ginocchia. Il freddo governava il suo cuore. Quella notte non era fantastica, era infida e terribile. L’aveva solo illusa con le sue moine. Lei non aveva amici. Nessuno l’aspettava. Nessuno l’avrebbe potuta salvare. Era crudele tanta bellezza, era seduttiva, ma lei non voleva più credere, più sperare.
L’acqua turbinava. Ad ogni passo ingoiava gorgogliando la sua pelle ghiacciata. Lei navigava senza controllo contro vento. Solo le sue scarpe la mettevano in imbarazzo. Con una specie di risucchio la tenevano inchiodata faticosamente alla strada. Le ricordavano ad ogni passo il lato ridicolo della cosa. Era solo lei a ridere, ma che importanza aveva. Niente aveva importanza, eppure… Le sue scarpe la riportavano alla realtà. Che ci faceva lì, sperduta nell’acqua alta di un autunno inclemente? Era decisa a perdersi lontano… ma perché dentro a delle costose scarpe firmate? Ora sì che era davvero arrabbiata. Niente importava, ma era comunque arrabbiata con se stessa.
Forse se faceva presto e tornava indietro, con un po’ di attenzione e di fortuna le avrebbe potute salvare dall’acqua di mare.

Presuntuosa è la donna.

In Donne, Senza Categoria on 28 settembre 2010 at 8:09

Presuntuosa è la donna che crede di essere diversa dall’uomo in quanto + qualcosa e – qualcos’altro. Inutile cincischiare,  la donna, a differenza dell’uomo, veste i suoi desideri di più alti alibi e riesce a vendere meglio questa fantasia.
Fantastica è la donna che riesce a farsi passare per tale, senza essere né bella e né bona (cioè generosa delle sue intimità). Questa capacità si chiama fascino e lo possiede pure l’uomo.
Selvaggia è la donna che non sottostà a regole di comportamento o di vita che sia. Nel caso in cui non sottoponesse, essa stessa, gli altri a regole frustranti ed incomprensibili, può diventare una donna mito, irraggiungibile.
Tenera è la donna che ama il suo uomo come donna e non come madre, né come sorella, né come altra appendice parentale o amichevole.
Focosa è la donna che mostra di non averne mai abbastanza di amore appassionato e fisico. Per una donna così gli uomini mostrano potenzialmente un morboso interesse e successivamente una certa preoccupazione. Esistono anche uomini focosi che raramente incontrano donne focose, e per fortuna. Nel qual caso ne risentono le attività sociali e l’alimentazione. Qualche volta ne risente pure l’attività lavorativa, causa stato comatoso.
Ingenua è la donna che pensa di essere al centro dell’universo maschile e che esponendo la sua avvenenza pensa di essere apprezzata per la sua intelligenza.
Confortevole è la donna che sa stare al mondo, senza interventi esterni e senza creare problemi. Le donne confortevoli sono capaci in varie attività come lavori domestici e ottimi pranzetti. Sono ancora più confortevoli se rimangono anche la notte per eventuali necessità. Sono ancora più confortevoli se se ne vanno quando è l’ora.
Intelligente è la donna che rinuncia alle sue qualità tipicamente femminili e segue percorsi logici e fa speculazioni mentali come gli uomini. Pochi uomini apprezzano donne intelligenti per paura di essere accusati di omosessualità. Le donne intelligenti tendono a fingersi cretine per passare inosservate. Da ciò ne deriva che l’intelligenza femminile è inversamente proporzionale al successo.

Stronza autonomista. E dalla Nascita!

In amore, Anomalie, Donne, uomini on 9 Maggio 2010 at 22:07

Questo commento arriva in risposta al mio post Bastarsi. Natura, filosofia o metodo? da una nuova amica commentatrice: Mad del blog Cazzi e scazzi.
Visto il tema trattato e soprattutto i tentativi di comprendere cosa s’intende per “metamorfosi fighiana”, ma ancor di più con quale metodo si ottiene l’aura della seduttrice e se non proprio quello almeno come una donna (o un uomo) deve essere per attrarre l’altro sesso, ma anche il proprio.
Secondo me Mad ha dato la risposta che mi piace di più e la rigiro ai lettori affezionati. Purtroppo come dice lei stessa è inutile cercare una ricetta. Stronza autonomista si nasce, non si diventa. 😀

“Semplice. Io mi amo.
Non il mi amo nel senso “io sono la più figa, la più bella, la più intelligente” etc, etc.
Io mi amo così come sono, con i miei pochi pregi ed i miei innumerevoli infiniti difetti che conosco benissimo e che non mi nascondo.
E la cosa divertente è che non li nascondo neanche agli altri.
Mi vado bene, insomma.
Se poi c’è qualcuno a cui vado bene del pari, ottimo.
Se non c’è, pazienza, non ho paura di stare da sola.
Quando c’è, la mia è una solitudine che non è mai “vuoto”, è piena di tanto.
Pure troppo, a volte, ecco perché dico che ogni tanto avrei bisogno di una pausa pure da me stessa, oltre che dal resto dell’universo.
Non mi faccio mai troppe paranoie, la marea di “pippe mentali” che gli altri si fanno nei confronti delle relazioni sentimentali (o umane, se intese in senso più ampio) non mi sono mai appartenute.
Il che non significa che io sia priva di passioni, tutt’altro, solo che non mi creo mai aspettative irrealistiche nei confronti di alcunchè.
Di quello che la gente poi può pensare di me, ad onor del vero non me ne è mai fregato un’emerita cippa.
In quanto al “codazzo”, frega nulla del pari.
Voci di corridoio mi dicono che io sia vista come “distante e misteriosa”, mia madre tempo fa m’ha detto” t’ho fatta, ma non riesco a capire bene come funzioni”.
Son l’oggetto misterioso.
A me sembra d’essere normale. Non è che i pazzi siete voi? 😉
Non credo all’idea del “per sempre”, so che nella vita incontrerò persone e che queste persone, se sarò fortunata, faranno una parte del viaggio con me.
Potranno essere due giorni come trent’anni, sarà bene o sarà male: è il percorso che m’intriga, non la sua fine o la sua destinazione.
Amo la gente che mi sta intorno, so che per me ci sono ed io ci sono per loro, soprattutto nel momento del bisogno, quando più serve, ma non tollero chi mi si “appiccica” come un francobollo, non tollero la gente che ti vive addosso di vita riflessa.
I miei stati d’animo me li gestisco autonomamente, ho sufficienti energie mentali per uscire dalle rogne per conto mio, senza bisogno di una “stampella” emotiva cui appoggiarmi.
Il fatto di amare e di stare insieme ad una persona non significa che ogni particolare della tua vita debba diventare suo.
Io non “sono” di nessuno. Tutt’al più “m’accompagno brevemente”.
La “proprietà di me” rimane mia.
Visto? “Stronza autonomista”.
E dalla nascita. 😀
Un saluto.
Mad”

Assenza

In Amici, amore, Anomalie, uomini on 20 febbraio 2010 at 5:39

Tu sei un principe”. Questo avevo pensato quando ti avevo conosciuto in quel bar. Avevi quell’elegante noncuranza che è tipica di chi gli viene naturale e che non si deve dar troppo da fare per sembrare sempre a posto. Avevi accavallato le lunghe gambe in una posa quasi languida, ma tenevi eretto il busto come se ti portassi dietro un’educazione fatta di imposizioni e posture. Ovviamente eri alto, più alto della media, e magro, più magro della media, e i tuoi vestiti ti cadevano addosso come fossero stati cuciti su di te. Infatti era questo che mi aveva colpito per primo. Non che fosse vera avvenenza, anzi il tuo viso sembrava sgranato e solcato da mille piccoli avvallamenti e gli occhi erano scuri e seri. Stavi attento a non sporcati col giornale i calzoni. Allora non sapevo che non sopportavi di avere gli abiti sporchi e sgualciti. La tua attenzione era meticolosa per evitarti ogni spiacevole imprevisto. Avevi teso la mano asciutta e avevo notato le tue dita sporche di nicotina. La stretta era nervosa. Ero convinto di essere capace di capire tutto solo da una stretta di mano. Ma la tua stretta sigillava un mistero. La voce era profonda e roca, effetto delle stesse sigarette sicuramente. Le tue parole misurate rotolavano dalle tue labbra con gentilezza e parsimonia. Avrei conosciuto poi il tuo parlare erudito, la tua memoria di ferro, l’entusiasmo del tuo conoscere. Tu mi raccontavi la Storia come se fosse stata parte del tuo vivere quotidiano. Era strano per me; da subito io ti amai. Fui affascinato dal tuo abito impeccabile, dai tuoi modi signorili, dalle tue abitudini un po’ sorpassate. Desiderai fin da subito l’attenzione del tuo sguardo interessato e il tuo tocco lieve. Guardavo come tenevi in mano le tue immancabili sigarette, sembravano parte di te. C’era qualcosa di naturale ed eccitante sull’incurvatura del tuo polso, su come facevi uscire il fumo da quelle labbra ancora affascinanti e generose. Quella tua figura seduta al tavolino del bar in quella giornata di sole mi aveva conquistato e tu mi avevi donato la tua benevola considerazione. Ci incamminammo insieme verso casa tua, con una naturalezza che non avevo mai provato. Non mi ero chiesto nulla e nulla avrei preteso. Provavo solo un brivido quando mi sfioravi il braccio per sottolineare una parola. Mi ero trovato a sperare che la tua mano si soffermasse un poco di più, così da farmi esondare il cuore. Da quel giorno ti amai e tu diventasti il mio re. Mi donasti la tua cura e mi prendesti nella tua casa. L’amore dovrebbe durare all’infinito e non dovrebbe perdersi mai. Avrei voluto ritrovarti ogni giorno seduto a quel tavolino con la tua aria compunta e riservata. Avrei desiderato respirare ancora l’aria fumosa che fluttuava intorno a te. Invece oggi che non sei più io muoio della tua assenza.