rossaurashani

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Il giorno dopo

In amore, Donne on 9 marzo 2011 at 6:54


Ieri sarebbe stata la mia festa. Più che mia, la festa di tutte, quella festa della donna che tanto ci rende perplesse.
Per strada ho incontrato il marito di un’amica, mi ha fatto gli auguri, mi ha abbracciato e mi ha chiesto se avevo ricevuto la “mimosa”. Al mio negare si è stupito: “Ma come? Il giorno della festa si deve ricoprire di mimose la propria donna!” Ma guarda un po’ da chi mi viene la lezione. Il bravo marito avrà pure tentato di ricoprire la moglie di mimosa e, sospetto, che lei abbia risposto ricoprendolo di improperi, come si merita. Ovviamente si sarà pure consolato con la cassiera della sua attività commerciale, ammesso che il marito della ragazza gradisca.
Io non ho ricevuto mimose, solo qualche augurio femminile, molto ironico, d’altra parte questa festa non ha ragione di esistere e noi donne lo sappiamo fin troppo bene.
Il mio compagno però, senza mimose, ha saputo rendere questa giornata indimenticabile, qualche canzone, belle dichiarazioni e una dolce poesia. Ma l’8 marzo era solo una scusa. Il rispetto e l’amore non ha bisogno di scuse e nemmeno di mimose. Sinceramente non prendeteci in giro, non abbiamo bisogno di un giorno di festa ma di 364 di banale e normale considerazione paritaria.

Una donna fasciata in un abito elegante
una donna che custodisce il bello
una donna felice di essere serpente
una donna infelice di essere questo e quello.

Una donna che a dispetto degli uomini
diffida di quelle cose bianche
che sono le stelle e le lune
una donna cui non piace la fedeltà del cane.

Una donna nuova, appena nata
antica e dignitosa come una regina
una donna sicura e temuta
una donna volgare come una padrona.

Una donna così sospirata
una donna che nasconde tutto
nel suo incomprensibile interno
e che invece è uno spirito chiaro come il giorno.

Una donna, una donna, una donna.

Una donna talmente normale
che rischia di sembrare originale
uno strano animale, debole e forte
in armonia con tutto anche con la morte.

Una donna così generosa
una donna che sa accendere il fuoco
che sa fare l’amore
e che vuole un uomo concreto come un sognatore.

Una donna, una donna, una donna.

Una donna che resiste tenace
una donna diversa e sempre uguale
una donna eterna che crede nella specie
una donna che si ostina ad essere immortale.

Una donna che non conosce
quella stupida emozione
più o meno vanitosa
una donna che nei salotti non fa la spiritosa.

E se questo bisogno maledetto
lasciasse in pace i suoi desideri
e se non le facessero più effetto
i finti amori dei corteggiatori
allora ci sarebbero gli uomini
e un mondo di donne talmente belle
da non avere bisogno
di affezionarsi alla menzogna del nostro sogno.

Una donna, una donna, una donna.
Una donna, una donna, una donna.

Perché donna

In Disoccupazione, Donne, uomini on 8 marzo 2010 at 16:29

Per inciso non aveva mai festeggiato l’8 di marzo. Sapeva che le amiche si accordavano per uscire verso una serata insolita. Solo donne. Tutte col desiderio di qualcosa di insolito e sfrenato. A lei quella cosa aveva sempre fatto pensare ad una fregatura. Mica che una festa volesse dire qualche cosa. Certo che però festeggiare nello spazio di una sola giornata sapendo ipocritamente che niente significava regalare mimose e auguri se poi negli altri giorni dell’anno il ruolo occupato era sempre lo stesso.
Perché uscire quella sera? Forse solo per illudersi che ormai essere donna era più facile? Perché donna voleva dire anche prendersi degli spazi per sé? E perché solo l’8 di marzo?
C’era ben poco da stare allegri. In fabbrica, dopo la seconda maternità, l’avevano lasciata a casa. Pure suo marito ora era in cassaintegrazione. Questo lo rendeva cattivo e depresso. Ed era lei a farne le spese. Aveva provato a cercare qualche lavoretto per arrotondare, ma lui si era incazzato che sembrava una iena. “Cosa vuoi fare tu? Stai a casa con i tuoi figli, sei una donna, alla famiglia ci penso io.” Che brutta cosa essere donna, era come essere nessuno. I bambini la vedevano solo per le loro necessità. Mamma voglio questo, mamma voglio quello. Pretendevano senza mai accorgersi della sua stanchezza e di quanto la prosciugassero le loro richieste. Lui tornava sempre più spesso dall’osteria, con la voglia di menare le mani. Ma cosa ci andavano a fare quelle altre al pub per vedere lo spettacolo con gli uomini palestrati mezzi spogliati? Che senso c’era infilare qualche banconota negli slip e gridare: “Dai, bello, mostrami cosa tieni lì sotto!” Ma cosa vuoi che tengano lì sotto, cosa ci sarà di così eccitante, nel vedere un uomo come mamma l’ha fatto? Lei di figli maschi ne aveva due e poi quel marito che manco si accorgeva ch’era l’ora di cambiarsi le mutande. La festa della donna eh? Ma che festa? Ma che donna? Lei a queste cose ci aveva messo una pietra sopra. Almeno per ora. Prima o poi sarebbe finita la crisi, sarebbero cresciuti i figli, avrebbe trovato un nuovo lavoro e allora, dopo, chi la teneva? Avrebbe fatto la festa dell’8 marzo tutti i santi giorni e avrebbe guardato dentro agli slip degli uomini ogni volta che lo voleva e non sarebbe costato neanche un penny. Anzi, se ci pensava bene, forse avrebbe potuto farsi mettere pure lei le banconote nel reggiseno, se ne aveva voglia. Perché varrà pure qualche cosa la sua vita. Magari domani. E in malora tutti i mariti del mondo perché lei era donna e avrebbe avuto, almeno, un’altra possibilità.