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Matilde e le sue ragioni

In Amici, amore, Anomalie on 20 aprile 2010 at 19:30

Era la sera dell’appuntamento al Ristorante di Biagio.  Matilde si sentiva molto nervosa ed irritata. Sapeva chiaramente che non sarebbe andata all’incontro annuale con le sue amiche, che si teneva ogni 8 di marzo. Le ragioni erano infinite, ma… la ragione più importante era che Anna non ci sarebbe stata, e lei senza Anna non voleva farsi vedere. La questione di Anna era troppo dolorosa. Più ci pensava e più la realtà le accorciava il respiro. Anna… la sua Anna, era perduta. Giulio sembrava più ottimista di lei. Giulio glielo aveva detto fuori dai denti, parole dure anche se, lei lo sapeva, essere dettate dalla sofferenza più che dal rancore: “Io non sono come te, il mio amore la salverà, tornerà da noi, dalla sua famiglia e tornerà guarita.” A chiunque sarebbe parso un rimprovero, una dimostrazione che lui era più forte di lei, e che aveva più diritti su Anna, e che il suo amore era importante ed immutabile. Eppure era proprio quell’amore che aveva perduto Anna. Matty si sentiva stanca.
Stanca di mentire e di nascondere i suoi sentimenti. Anche con le amiche, a quelle cene, ogni anno aveva dato il meglio di sé. Lei, la donna indipendente, piena di uomini, soddisfatta di se stessa. E nessuna di loro mai aveva sospettato che lei era nata diversa. Solo Anna sapeva, solo quella donna che era stata la sua terribile ossessione. Vivere apertamente in questo mondo la sua diversità era stato impossibile. La vita non glielo aveva permesso. Era impossibile nuotare contro i pregiudizi. Impossibile essere amati per quello che si è. Solo Anna l’aveva capita, solo lei le aveva dato tutto l’affetto che desiderava, che aveva sognato. Solo Anna era la sua vita. Era successo quella meravigliosa estate in quella vacanza sfrenata nell’azzurro del mar Egeo.
Lei lo sapeva da anni, ma Anna solo allora aveva compreso. Era rimasta stupita che i loro abbracci tra amiche si fossero trasformati, nell’ansia di non dimostrarlo, in qualcosa di diverso e inizialmente aveva preferito non pensarci, poi quella sera la cena in quel localino in riva al mare, i fiumi di retzina e l’ouzo le aveva rese euforiche. Il vino era troppo freddo e i loro corpi erano troppo caldi dopo una giornata di sole e… erano cadute le ultime resistenze.
Dopo non fu più lo stresso. Anna non fu più la stessa e Giulio se ne accorse. Era troppo difficile mentire anche con lui e Anna alla fine si era confidata, e lui aveva capito solo che ci avrebbe dovuto dividere e che non poteva perdere il suo amore per una storia omosessuale. Se avesse capito l’avrebbe potuta aiutare e forse Anna ce l’avrebbe fatta… Ma Giulio l’aveva sempre amata di un amore esclusivo ed egoista, non la voleva perdere, non poteva stare senza di lei. Anna era troppo bella e troppo sensibile e lui era disponibile a tutto pur di non perderla. Non mi è mai importato di me, se lei fosse stata felice e se avesse voluto quella vita io mi sarei allontanata per sempre, ma al ricatto di Giulio lei aveva risposto chiudendosi in sé stessa. E stava male e il suo mondo si trasformava sempre più, nella gelida morsa di un inverno. La depressione l’aveva resa fragile, insicura, spaventata.
Ovviamente tutto era peggiorato alla nascita di Tobia, e Giulio aveva cominciato a capire che la medicina era stata peggiore della malattia. Anna era terrorizzata, non voleva stare sola col bambino perché temeva di fargli del male. Giulio aveva tentato tutto. L’aveva fatta curare da un luminare, che l’aveva imbottita di medicine, ma senza risultato. Io non lo sapevo. Quando la vedevo a quella cena di amiche restavo sempre abbagliata dalla sua bellezza e dalla sua dolce tristezza. Anna me lo disse dopo, quando Giulio, per aiutarla, mi aveva chiamato e mi aveva chiesto di dargli una mano a farlo uscire da quell’incubo. Ma questo avvenne dopo, quando ormai Anna aveva perso la luce negli occhi e il controllo del suo cuore. Cosa avrei potuto fare, io, da sola, di fronte a tanta devastazione? Anna non era più la mia Anna, era un bel manichino pronto ad indossare l’abito e la maschera che il mondo le imponeva. Non era più in grado di lottare per se stessa e per l’amore che l’aveva tradita. La famiglia vedeva di lei solo l’immagine che preferiva, e le amiche la vezzeggiavano solo perché era tra tutte la più vulnerabile.
Io pagavo le mie colpe. Era stato il mio amore la causa di tutto. Non potevo immaginare che sarebbe stata la sua perdizione. E Giulio che si giustificava con quel sentimento che non lasciava requie, solo per il suo diritto di uomo, ci aveva perduto tutte e due. Ora Anna era diventata estranea a tutto e a tutti, non era valso il ravvedimento del marito, e nemmeno tutta l’energia che io avevo messo nel cercare di farla ritrovare. Lei mi ripeteva spesso: “Non chiamarmi Anna, non sono più la stessa persona!” Io cercavo di abbracciarla per farle sentire che non era sola, che se voleva poteva aggrapparsi a me, ma lei restava fredda e qualche volta mi allontanava esasperata. Quante volte ho pensato di aver sbagliato tutto. Avrei dovuto non confidarmi mai, l’avrei dovuta lasciare all’illusione del suo amore. Forse la sua vita non sarebbe cambiata, forse avrei potuto vederla e sfiorarla, sarei morta di dolore, l’avrei ingannata, ma non avrebbe saputo mai. C’era stato quel viaggio assieme, sperando che in quella vacanza… cosa speravamo? Che lei avrebbe potuto scegliere? Maledetto egoismo umano, non si gioca coi sentimenti di una persona così fragile. Eravamo tornati prima perché lei non ce la faceva. Non reggeva lo stress delle nostre aspettative. Io mi ero dedicata a Tobia, con tutto l’affetto che potevo: anche lui era fragile, anche lui era sofferente, e mi si aggrappava addosso come se fossi il suo salvagente. Anna o si chiudeva nella sua stanza oppure usciva e andava a fare compere dissennate. Abiti e gioielli inutili che non si metteva mai, regali esagerati che io non volevo accettare.
Alla fine passava il suo tempo inebetita da psicofarmaci e alcool, e solo qualche volta usciva dal suo mutismo, e guardandomi con quei suoi occhi ormai troppo dilatati mi sibilava “Matilde, sei una puttana, tu vuoi rubarmi l’amore di Giulio e anche quello di Tobia, ma io ti ho capito sai, fingi di volermi bene per poi lasciarmi sola. Sei una puttana, una sporca puttana.” Alla fine Giulio mi chiese di condividere con lui la scelta della sua ultima prigione, i soldi non sarebbero mai stati un problema. Nemmeno questa responsabilità voleva prendersi da solo. Quanto male le avevamo fatto, quanto dolore avevamo causato. Il giorno del ricovero Anna si era messa a gridare e a piangere, aveva gridato a me e a Giulio le offese più orribili che avessi mai sentito da bocca umana. Poi si era calmata e mi aveva stretta in un abbraccio sconsolato: “Matty non lasciarmi sola, almeno tu. Prenditi cura di Giulio e non odiarlo, lui credeva di salvarmi ed invece mi ha uccisa. Cura il mio bambino con tutto l’amore di cui sei capace, parlagli della sua mamma e raccontagli di come era bella e felice sotto il sole della Grecia. Amalo come io ti ho amata…” Così io ho promesso e così io manterrò la promessa. Dedicherò la mia vita alla sua famiglia e a lei, soltanto a lei… Affronterò il mondo che non sa come e perché le donne fanno cose incomprensibili, che è facile a criticare. Ma io ormai so chi sono, e non c’è più niente e nessuno che mi farà cambiare.