rossaurashani

12 dicembre 1967

In Gruppo di scrittura on 10 settembre 2009 at 16:14

carosello-1

L’accompagnava come ogni sera. Non era da molto che si conoscevano. Solo da poco gli altri, gli amici, s’erano accordati di lasciarli soli. Lui dopo li ritrovava sulla strada, più in là e ci passava assieme la notte fin quasi al mattino. Non si stancavano mai. Erano giovani allora. Erano liberi di quella libertà che solo allora si provava, priva di responsabilità, completa. Lei non lo era. Era troppo piccola. I suoi la volevano a casa prima del telegiornale della sera. Lei aveva tanto fatto e tanto detto che aveva tirato fino a Carosello. Una mezz’ora di più per tutta quella fatica. Forse poco, ma non poteva ottenere di più. C’erano state giornate uggiose quel dicembre. Il grigiore al mattino ed alla sera una nebbia fredda che ti penetrava dentro. Si rifugiavano tutti da “Tito” per prendere la cioccolata con la panna. Era un lusso che non si permettevano sempre, non avevano tanti soldi. Però Giovanni che lavorava in quel negozio, prendeva bene e pagava lui per tutti.
Michele e Giovanni erano inseparabili. Due tipi molto diversi a vederli. Michele quell’aria svagata da poeta distratto, con un sorriso improvviso e scanzonato. Giovanni concreto e più malizioso, con una voce che faceva vibrare l’aria , con le sue solite battute devastanti. Andavano bene insieme. Stessa tenuta del vino, che scorreva a fiumi. Stessa voglia di tirar tardi. Purtroppo stesso amore. Senza saperlo si sarebbero innamorati della stessa ragazza. Veramente Giovanni era arrivato prima. L’aveva conosciuta in piazza che passeggiava con Gabri. Anche quelle due erano una bella coppia. Rossana alta e rossa, Gabri tarchiata e nera. Gabri quel giorno girava con la chitarra, che poi, a dirla tutta non suonava quasi mai. Giovanni si era fatto presentare Rossana e finì che non la lasciò più. Ma era difficile girare sempre in tre. Giovanni lo capiva che la situazione non si sarebbe sbloccata. Così pensò a Michele che aveva una compagnia di ragazzi studenti o mezzi artisti. Ma era Michele il suo amico. Per lui avrebbe fatto qualsiasi cosa.
Ed ecco, in una sera di ottobre, quando il sole che tramonta ha i colori che non si possono credere, Michele vede Rossana. Veramente la cosa è più complessa. Veramente a questo punto si intrecciano i destini. Silvano incontra Gabri. Marinella incontra Alvise. Enrico incontra Vera. E Diana incontra Giovanni. Entra nel gruppo anche Matteo, Bruno e Giuseppe con le altre, ma questa è una storia diversa. Rossana aveva molte amiche. Michele molti amici. E il gioco fu fatto.
Che Giovanni e Michele guardassero la stessa ragazza, non era strano. Rossana non pensava di essere bella e quindi queste cose non le sapeva vedere. Se li portava tutti e due al seguito senza malizia e incoraggiava Diana a uscire con Giovanni. Veramente non era solo quello. Sapeva che anche Gabri aveva le sue preferenze, ma Michele era un osso troppo duro e aveva quel sorriso troppo scanzonato per poter solo pensare di convincerlo. Anche lei per l’amica avrebbe fatto qualsiasi cosa.
Così passarono i giorni e vennero avanti i primi freddi. Ora c’era solo “Tito” a salvarli dal gelo della strada. Michele a volte portava i suoi libri. I poeti maledetti. Beh sì! Lui leggeva di tutto, anche i poeti pazzi e quelli drogati. Insomma tutto andava bene. I libri venivano scambiati e letti e commentati. Così alla fine Michele e Rossana ne parlavano fitto fitto e gli altri a ridere e ad ascoltare. Giovanni chiamava Michele “il poeta” e Rossana “la rossa”. Un po’ invidiava che così in fretta avessero trovato un loro linguaggio. Parole che li portavano vicini, che li distinguevano dagli altri. Lui non c’era mai riuscito. Almeno non con lei. Almeno non in quel modo.
In effetti era vero. Rossana e Michele sembravano parlare la stessa lingua, pensare le stesse cose per poi dirle con le stesse parole. Ma erano due teste dure. Tra di loro le burrasche arrivavano all’improvviso. Senza nessuna avvisaglia. Ma passavano presto com’erano venute. Lui era polemico e lei testarda. Rossana lo sapeva provocare e lui non rinunciava mai alla lotta. Erano uno spasso a vederli da fuori. Tutti si divertivano tranne Giovanni che già sapeva come sarebbe andata a finire.
Michele quel dicembre lo viveva male. Sapeva di dover partire. Attendeva solo la data dell’imbarco e non sapeva se e quando sarebbe tornato. Proprio per quello una ragazza non andava bene. Una storia non si poteva cominciare. Pensava a Rossana e gli mancava il cuore. Pensava ai suoi amici e si sentiva perso. Di notte in giro con Giovanni annegava dentro ad un bicchiere la sua ansia. Rossana pensava che non poteva essere importante. Forse non sapeva davvero quanto avrebbero significato quei giorni che stavano a cavallo tra il 1967 e il mitico 1968. E tornava a casa ogni sera dividendo i suoi passi con Michele.
Quella sera il vento aveva spazzato il cielo e la luna piena illuminava il canale. Ai piedi del solito ponte si erano fermati. Appoggiati al muretto guardavano in alto la luna. I loro visi erano vicini. I loro occhi si erano sfiorati per un attimo. Le parole si erano bloccate nella gola. Era tutto possibile. Michele si scansò. Maledetta luna puttana che promette i sogni ad un uomo per lasciarlo alla fine da solo. Rossana si richiuse in un silenzio malinconico. Non era cosa per loro. Non c’era bisogno di luna. Non c’era niente di romantico da dire. Ma lei passò la notte a pensare a lui. Lui quella notte, assieme a Giovanni, tra un bicchiere ed un altro, fece discorsi senza senso.
Anche la sera dopo ritornarono sugli stessi passi. Stesso muretto, stesso ponte, stessa luna bastarda. Lei l’aveva provocato chiedendogli se avrebbe avuto il coraggio di baciarla, davanti a tutti, in un gioco da ragazzi. Lui c’era stato al gioco un po’ per mostrare il coraggio e un po’ perché si era pentito di non averlo fatto la sera prima. Rossana davanti a tutti aveva voltato la faccia. Il bacio l’aveva colta sulla guancia. Ora erano pari. Così pensava lei. Un po’ si era vendicata. Quella sera era altrettanto bella, il freddo faceva uscire il vapore dalle loro labbra. Lui si sedette sul muretto, come faceva quando doveva parlare. All’improvviso la prese e la tirò tra le sue ginocchia. Voleva dirle molte cose. Voleva spiegarle che sarebbe dovuto partire. Voleva precisare che non poteva baciarla. Che voleva, ma non poteva. Voleva dirle che non era giusto, che il tempo era avaro, che non si poteva fare…. che voleva… ma non poteva, ma voleva, lo voleva tanto. Ma le parole erano sabbia in gola. Lei lo guardava assorta, aspettando un verdetto che non sarebbe arrivato. Alla fine con dolcezza lui la baciò. Era un bacio semplice. Senza pretese. Non voleva avere futuro. Non pretendeva di avere passato. Chiedeva solo di esistere oggi. Solo una sera per loro. Ma quel bacio non poteva mentire. Non riusciva a bastare a se stesso. C’era una forte vibrazione nell’aria fredda. Lei tremando lo percepì. Credeva di essere forte. Credeva di avere coraggio. Pensava che non sarebbe fuggita mai. Invece scappò via, mentre la musica di Carosello le segnalava che il tempo era finito.

  1. tsk, gabri era tarchiata, il che distrugge tutto il pezzo.

    • Donna tarchiata, molto apprezzata…..
      Caro Lord la bellezza della donna è sempre e comunque relativa, come, d’altra parte lo è quella dell’uomo. Ma l’eleganza, mi insegni tu, fa la differenza. Non sei d’accordo??? 😉
      Ciao. Ma dove eri finito? Certamente non ti sei perso nei saldi, almeno credo…
      Ross

  2. […] Infondo aveva una simpatia per i romanzi d’appendice. E aveva finito la voglia di scriverne, ma era ancora un ragazzo. Lui pensava che quel suo sguardo chiedesse aiuto. Non sapeva ancora. Ma chi può sapere? E pensava […]

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